Governare la “Blockchain Revolution”
]E’ questo il titolo di un recente articolo di Don Tapscott, Cofondatore e membro del Consiglio del “Blockchain Research Institute”. Un articolo che si interroga come un Paese, il Canada, possa candidarsi a guidare progressi tecnologici cosi importanti e determinanti per lo sviluppo socio-economico e culturale di un territorio.
La dirompenza con cui questa nuova tecnologia sta invadendo il mondo dell’Internet così come lo conosciamo, pone forti interrogativi e preoccupazioni anche in ambienti pioneristici come il Canada. Focus Group, Think Tank e illustri pensatori e scienziati non lesinano di interrogarsi su quali possa essere l’opportunità offerta dalla Blockchain.
Stabilire nuove regole
In tutto il Mondo strutture e regolamenti dei mercati finanziari, ma non solo, temono e spesso sono vere e proprie barriere allo sviluppo di nuove tecnologie e nuovi sistemi qual sono quelli offerti dalla Blockchain. Vere e proprie barriere, ancora più presenti in settori quali quelli dei mercati dei titoli e delle valute dove, sistemi obsoleti faticano a stare dietro alla velocità ed all’economicità con cui i criptoassets (criptovalute e non solo) invece possono essere creati, scambiati e venduti.
Economie vecchie, con strutture vecchie, con una classe dirigente spesso altrettanto vecchia, in termini di apertura mentale
Appropriarsi della propria ricchezza
Altro grosso tema, slegato in buona parte dal discorso delle criptovalute, è il valore delle nostre “identità digitali”. Il nuovo “petrolio” dell’era digitale sono i “dati”. Le più grosse società si alimentano continuamente tramite la cattura di dati che vengono usati e scambiati come qualsiasi altra commodities; informazioni che costituiscono collettivamente la nostra identità digitale.
i dati siamo noi, gli individui creano dati
Tanta ricchezza da cui le grandi multinazionali traggono profitti enormi. Tapscott definisce tutto ciò “feudalesimo digitale” e ad esso attribuisce un impoverimento generale della classe media nonostante i livelli di creazione di ricchezza siano sempre più elevati.
Un utilizzo appropriato della blockchain, potrebbe consentire ai Governi dei Paesi di guidare il passaggio globale da questo sistema di feudalesimo digitale verso un sistema di “identità autosufficiente”. Le identità autosufficienti sono essenzialmente una “scatola nera digitale”, che consente alle persone di acquisire, utilizzare e monetizzare i propri dati come meglio credono.
Fornire supporto alle “blockchain companies”
Nel Mondo, le nuove realtà che operano nella blockchain non hanno la possibilità di utilizzare conti bancari. Istituti di credito, con maggiori possibilità di percorrere nuove strade, hanno un’incredibile opportunità di attirare alcune delle aziende più innovative al mondo nei loro Paesi. Occorrerebbe, però, che i Paesi adottino misure legislative concrete che siano di supporto tanto alle istituzioni finanziarie quanto ai player dell’economia in genere, qualsiasi sia il settore di riferimento (es. industria, distribuzione, food, IoT, ecc.)
Se questo è il quadro generale e la rappresentazione dell’ambiente ottimale di sviluppo della blockchain, appare evidente come un gran numero di start-up di alta qualità sia domiciliato in Paesi come Singapore e Svizzera con maggiore apertura e flessibilità normativa.
Nazioni, invece, come gli Stati Uniti o Canada, dove pur si assiste ad un grosso fermento, non hanno pienamente capitalizzato i vantaggi competitivi della blockchain: il tasso di istruzione superiore, l’apertura all’immigrazione e un sistema bancario stabile non sono sufficienti. Al contrario altri Paesi, molto più piccoli come Malta e Gibilterra guidano, in questo momento, la punta dell’iceberg dell’innovazione.
L’Italia può cogliere questa opportunità?
In Italia, dopo gli slogan “caldi” di quest’estate del neo governo 5Stelle-Lega, ci si aspetta un cambio di passo difficile da compiere se si considerano i tempi con cui la “cosa pubblica” solitamente si muove. L’apparato sociale ed imprenditoriale nostrano non è assolutamente adatto a cogliere un’opportunità simile; il genio e l’inventiva italiana potranno ben poco, così come è già accaduto recentemente in altre circostanze.
Occorrerebbe, perché no, un Commissario straordinario, uno di quelli con ampi poteri così come sarà il Commissario per la costruzione del ponte Morandi di Genova, con poteri di deroga, perché le circostanze lo richiedono. Anche qui si tratta di costruire un ponte, ma questa volta è un ponte che potrebbe portare il nostro Bel Paese fuori da una palude in cui ci siamo “ficcati” da soli in questi ultimi decenni e da cui non ne usciamo con “ricette” vecchie, vecchie anche per realtà come gli USA o il Canada.